martedì 4 giugno 2013

Il frazionamento del credito

La richiesta giudiziale di adempimento frazionato di una prestazione originariamente unica perché fondata sul medesimo rapporto contrattuale configura un’ipotesi di abuso del diritto ostativa all’esame della domanda stessa.
La più recente giurisprudenza della Suprema Corte ha infatti stabilito - al contrario di quanto affermato in anni risalenti dal collegio – che la condotta di frazionamento del credito in plurime richieste giudiziali di adempimento si pone in contrasto con il principio di correttezza e buona fede oggettiva – cioè della reciproca lealtà di condotta - che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento. Il principio di buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., è infatti unanimemente considerata di natura precettiva, di per sé idoneo a far sorgere obblighi cogenti derivanti dagli inderogabili principi costituzionale di solidarietà sociale ex art. 2 Cost.
Tale condotta abusiva si pone inoltre in contrasto con il principio costituzionale del giusto processo ex art. 111 Cost.
In primo luogo la parcellizzazione delle domande giudiziali non risulta assolutamente in linea con il precetto costituzionale della ragionevole durata del processo per l’evidente antinomia che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della correlativa durata. In secondo luogo tale condotta si traduce in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento mette a disposizione nei limiti di una corretta tutela dell’interesse sostanziale. 
Pertanto la Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui: “non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo in quanto tale scissione del contenuto dell’obbligazione, operata dal creditore per la sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione peggiorativa della posizione del debitore, si pone in contrasto con il principio di correttezza e buona fede.” (Ex multis: Cass., Sez. Unite, 15 novembre 2007 n. 23726; Cass., 11 giugno 2008 n. 15476; Cass. 20 novembre 2009 n. 24539; Cass. 27 gennaio 2010 n. 1706)
Inoltre si deve considerare che il nostro ordinamento afferma il principio in forza del quale la prestazione debba essere adempiuta nella sua interezza, e non arbitrariamente frazionata, laddove riconosce al creditore ex art. 1181 c.c. il diritto di rifiutare un adempimento parziale. La frammentazione del credito invece non corrisponde ad alcun interesse meritevole di tutela del creditore ma anzi si configura come un mero espediente processuale per ottenere, attraverso il frazionamento della pretesa in più decreti ingiuntivi e l’eventuale mancata opposizione a taluno di essi, un giudicato di cui avvalersi nella fase esecutiva. Sotto questo profilo la condotta di frazionamento del credito configura un’ipotesi di comportamento dannoso pregiudizievole nei confronti dell’odierno attore che si vede costretto a sostenere più spese legali per difendere le proprie ragioni nei confronti della medesima pretesa creditoria.
La Corte di Cassazione ha infine statuito che in conseguenza del principio di diritto sopra richiamato “tutte le domande giudiziali aventi ad oggetto una frazione di un unico credito sono da dichiararsi improponibili.” (Cass., 11 giugno 2008 n. 15476)
Ne consegue che la domanda di adempimento frazionato è illegittima in quanto integra un’ipotesi di abuso del diritto e deve essere dichiarata inammissibile.

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