lunedì 8 aprile 2013

L'adattamento del diritto internazionale e la tutela dei valori costituzionali italiani



L'adattamento è il processo tramite il quale lo Stato adegua il proprio ordinamento interno agli obblighi di natura internazionale. Lo Stato infatti appartiene contemporaneamente a due ordinamenti diversi: deve quindi rispettare sia gli obblighi che nascono dal diritto internazionale, sia quelli che gli impone il diritto interno. La Corte permanente di giustizia internazionale e la Convenzione di Vienna sui trattati del 1969 hanno confermato che uno Stato non può invocare il proprio diritto interno per giustificare l'inadempimento di un proprio obbligo internazionale. L'adempimento a tali obblighi può quindi avvenire mediante una modificazione del proprio diritto interno da parte di uno Stato.


L'unica disposizione di carattere generale presente nel nostro ordinamento è l'art. 10 della Costituzione, ove si afferma che l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.Secondo parte della dottrina tale norma costituzionale non si limiterebbe all'automatica adesione delle norme di diritto internazionale consuetudinario ma anche degli obblighi di diritto internazionale pattizio, in applicazione del principio "pacta sunt servanda". 

La prassi del nostro ordinamento ha però risolto l'adattamento delle norme pattizie tramite appositi procedimenti. Dal momento che le norme consuetudinarie sono immesse nel nostro ordinamento attraverso una norma costituzionale secondo la Corte Costituzionale hanno rango costituzionale, abrogando le leggi ordinarie incompatibili. Tale orientamento risulta a maggior ragione rafforzato dal nuovo testo dell'art.117 della Costituzione, in base al quale la potestà legislativa viene esercitata dallo Stato e dalle Regioni oltre che nel rispetto della Costituzione anche in osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. 
Il problema si pone invece quando sorge un contrasto fra una norma internazionale immessa ex art. 10 Cost. e una norma costituzionale. La Corte Costituzionale, chiamata ad esprimersi sul contrasto fra la norma consuetudinaria di immunità dalla giurisdizione civile degli agenti diplomatici stranieri e l'art. 24 della nostra Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, ha affermato il principio di specialità per le consuetudini preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione; soltanto le consuetudini successive potranno essere in contrasto con le norme costituzionali ed in questo caso non potranno prevalere sui nostri principi fondamentali. Infatti le norme sul "giusto processo" sono state introdotte recentemente nel nostro ordinamento tramite la previsione di una norma costituzionale ad hoc.
Per quanto riguarda le norme internazionali convenzionali, non si rileva nel nostro ordinamento una disposizione di carattere generale che regoli l'adattamento del diritto interno alle norme pattizie. Si procede tramite il c.d. ordine di esecuzione, l'emanazione di un atto legislativo che recepisce le norme contenute in un trattato internazionale. L'ordine di esecuzione assumerà quindi la forma di legge costituzionale o ordinaria a seconda della natura delle norme interne suscettibili di modificazione. Si applicherà così il principio di lex posterior, abrogando la precedente normativa. Se l'ordine di esecuzione viene dato con legge ordinaria, i trattati saranno quindi sottoposti a controllo di costituzionalità. Può avvenire però che una legge successiva modifichi la norma convenzionale entrata nel nostro ordinamento. La giurisprudenza ha cercato in casi analoghi di far prevalere le norme derivanti da trattati sulla legge ordinaria invocando il criterio di specialità ed una presunzione di conformità dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali. In ogni caso queste motivazioni possono essere superate nella circostanza in cui ragioni d'ordine interno portino lo Stato a volersi sottrarre agli obblighi internazionali: è fatta salva la facoltà della Corte Costituzionale di annullare le norme pattizie immesse (rectius: l'ordine di esecuzione) che violano le norme della nostra Costituzione. Si ricorda una sentenza del 1979 relativa ad un accordo di estradizione verso la Francia in cui si contemplava l'estradizione anche per reati sanzionati con la pena di morte: la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'ordine di esecuzione in quanto implicava la violazione dell'art. 27 della nostra Costituzione.
Anche nel caso degli atti delle organizzazioni internazionali, la prassi è orientata non a riconoscere la diretta applicabilità delle decisioni delle organizzazioni cui l'Italia ha aderito ma nel senso di adottare ogni singola decisione con appositi ordini di esecuzione. Così come i trattati, anche le norme delle organizzazioni internazionali non si sottraggono al controllo di costituzionalità.
Resta da precisare che i meccanismi di adattamento del diritto italiano alle norme internazionali, quello ex art. 10 Cost. per le norme consuetudinarie e quello tramite l'ordine di esecuzione per le norme pattizie, possono funzionare solo nel caso in cui le norme internazionali in questione siano self-executing, quando contengono in sè gli elementi idonei a consentire di ricavare il contenuto delle norme interne. Qualora le norme internazionali non siano self-executing opera il procedimento ordinario di adattamento, tramite la riformulazione in norme di diritto interno. Secondo parte della dottrina le norme adattate tramite procedimento ordinario non farebbero riferimento alla norma internazionale, perdendo così quel carattere di specialità, riconosciuto alle norme che entrano nell'ordinamento tramite semplice rinvio. In una sentenza del 1981 la Corte Costituzionale ha quindi precisato che il referendum abrogativo è inammissibile anche per le norme di adattamento in via ordinaria a un trattato internazionale.

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