Un lavoratore dipendente ha diritto al congedo
straordinario retribuito per assistere un familiare affetto da grave
disabilità (fisica e/o psichica), ma modalità e tempistiche possono dare adito a
contrasti con il datore di lavoro e conseguenti strascichi giudiziari.
Il caso di specie
Un operaio abruzzese era stato licenziato
dall’azienda in quanto scoperto di giorno mentre ripetutamente si trovava
presso la propria abitazione e non dall’anziana madre malata di
Alzheimer residente in un paese poco distante.
Il lavoratore aveva ottenuto il congedo
straordinario per assistere la madre, cosa che però era solito fare quasi
esclusivamente di notte, alternandosi con altri familiari più presenti
nelle ore diurne.
Secondo il datore di lavoro questo
comportamento violava il dovere di fedeltà e correttezza cui il
lavoratore era tenuto, risultando un illecito disciplinare punibile con
il licenziamento.
Le sentenze di primo grado e di appello
Il Tribunale di Lanciano dichiarò illegittimo
il licenziamento, mala Corte d’Appello dell’Aquila escluse il diritto alla reintegrazione,
condannando l’azienda a riconoscere 15 mensilità al lavoratore. In
pratica, il datore di lavoro avrebbe avuto la facoltà di licenziare il
lavoratore a seguito della sua condotta.
Le ragioni del lavoratore
L’operaio si era giustificato spiegando
che la madre soffriva di insonnia e, a causa della sua malattia
degenerativa, già in passato aveva tentato fughe di casa notturne. L’uomo aveva
correttamente trasferito la residenza presso l’abitazione della madre
disabile, condizione necessaria per poter usufruire del congedo straordinario
retribuito. Per queste ragioni, ritenendo di non aver fatto il furbo, presentò ricorso
in Cassazione.
La sentenza della Cassazione
La Suprema Corte diede ragione al
lavoratore, ritenendo che egli avesse comunque diritto "spazi temporali
adeguati alle personali esigenze di vita e di riposo". La legge non
prevede orari per l’assistenza né distingue tra il giorno e la notte.
L’importante è che l’assistenza sia continuativa nel tempo e non
occasionale, ma non può certo essere H24.
Le modalità di svolgimento dell’assistenza
erano dunque compatibili con la finalità del congedo, senza possibilità
di ravvisare alcun illecito disciplinare. L’azienda è stata dunque condannata a
reintegrare il lavoratore.