mercoledì 17 gennaio 2018

Condanna per violenze, non sempre lo straniero può essere espulso


La Corte di Cassazione ha di recente emesso una sentenza destinata a fare discutere. Un cittadino straniero condannato per violenze ripetute in famiglia non deve essere espulso, se non in presenza di accertata pericolosità sociale. Si tratta dunque di una procedura facoltativa.

Il caso di specie
Un marocchino residente a Milano è stato condannato a tre anni di reclusione, con sentenza definitiva della Cassazione, la quale, però, ha respinto la domanda di espulsione, non considerando dimostrata la pericolosità sociale del soggetto.
Il marocchino è stato ritenuto responsabile di maltrattamenti e lesioni personali aggravate, a seguito della testimonianza della moglie e di numerosi referti rilasciati dal Pronto soccorso. Nonostante tale condotta sia stata posta in essere all’ottavo mese di gravidanza della donna, con tutti i rischi del caso, ciò non è stato sufficiente per giustificarne l’allontanamento dal nostro Paese.

Cosa ha detto la Cassazione
Secondo la Suprema Corte, "l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna superiore a 2 anni, costituisce una misura di sicurezza personale di carattere facoltativo applicabile dal giudice solo nel caso in cui abbia verificato la sussistenza in concreto della attualità della pericolosità sociale".

Il concetto di pericolosità sociale

La pericolosità sociale si basa sulla valutazione della probabilità che un soggetto commetta nuovi reati. E’ quindi di fatto una prognosi criminale, basata sulla personalità, sugli eventuali precedenti, sulle caratteristiche del reato per cui il soggetto è stato condannato (ripetibilità). E’ in genere oggetto di valutazione per prevedere misure di sicurezza ulteriori rispetto alla reclusione.

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